Patologie

Reflusso gastroesofageo: cause, sintomi, rimedi e cibi da evitare

12/09/2022 - Tempo di lettura: 5 minuti

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Il reflusso gastroesofageo si manifesta quando il muscolo ad anello dello sfintere esofageo inferiore, che di regola impedisce al contenuto dello stomaco di fuoriuscire, non svolge più la sua funzione in modo corretto.


È un disturbo che solitamente insorge in età adulta, tra i trenta e i cinquant'anni, e colpisce sia gli uomini sia le donne. In Italia ne è affetta una persona su tre e la probabilità aumenta con l’avanzare dell’età. Entro certi limiti il reflusso è un fenomeno che non deve destare preoccupazione, ma se diventa troppo frequente o si presentano sintomi dolorosi si parla di malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE).

 

In questo articolo vedremo quali sono i campanelli d’allarme per individuare il disturbo e come trattarlo al meglio.

Quali sono i sintomi del reflusso gastroesofageo


Bruciore di stomaco e rigurgito acido sono i sintomi più comuni:

  • il bruciore solitamente si avverte nella parte alta dell’addome, ma può anche salire all’altezza del torace e del cuore, dietro lo sterno, arrivando a volte anche fino alla gola. I momenti peggiori sono dopo i pasti, quando ci si sdraia o quando ci si inclina in avanti, come quando ci si allaccia le scarpe;

  • il rigurgito acido si riconosce per il sapore spiacevole provocato dalla risalita degli acidi gastrici nell'esofago, nella gola e nella bocca.


Gli altri sintomi che si possono presentare sono:

  • alitosi;

  • eruttazioni frequenti;

  • sensazione di nodo alla gola;

  • disfagia;

  • gonfiore addominale e flatulenza;

  • mal di gola ricorrente, raucedine o tono di voce alterato;

  • tosse persistente e respiro notturno con sibilo;

  • infiammazione delle gengive ed smalto dentario eroso;

  • dolore al torace.


Questi disturbi a volte si associano anche all’infiammazione dell’esofago. Chi soffre di asma può riscontrare un peggioramento dei sintomi, in quanto gli acidi gastrici irritano le vie respiratorie.

 

Il reflusso gastroesofageo si può manifestare anche durante la gravidanza e in età pediatrica, in questo caso presentandosi come un fenomeno tipico dei primi mesi di vita, quando i meccanismi anti-reflusso non sono ancora del tutto completi. Nella maggior parte dei casi il reflusso scompare entro i primi 24 mesi, mentre in un restante 5%, se è associato a vomito, ruminazione, presenza di sangue nel vomito, sangue occulto nelle feci e rifiuto del cibo, diventa patologico.


Nei bambini più grandi i sintomi sono gli stessi dell’adulto – quindi  bruciore di stomaco, dolore epigastrico o toracico, deglutizione difficoltosa e fastidio alla gola – ma possono insorgere anche difficoltà respiratorie acute o croniche come tosse, dispnea, soffocamento, apnea, asma e polmoniti ricorrenti. Sebbene raramente, si possono verificare anche arresto della crescita, disturbi del sonno e irritabilità.



Perché si presenta il reflusso gastroesofageo


Nei soggetti sani, l’ingresso del cibo dall’esofago allo stomaco viene regolato dalla valvola situata all'estremità inferiore dell’esofago che si apre e si chiude per impedire la risalita del contenuto acido dello stomaco. Nei soggetti che soffrono di reflusso gastroesofageo gli acidi gastrici risalgono nell'esofago, provocando bruciore e rigurgito, perché questa valvola non funziona correttamente.


Il reflusso si verifica più facilmente subito dopo i pasti, ovvero quando il volume e l’acidità del contenuto presente nello stomaco sono più elevati e lo sfintere deve lavorare di più. Inoltre, il reflusso può peggiorare in posizione sdraiata, quando i succhi subiscono meno l’effetto della forza di gravità.


La pressione tra esofago e stomaco, che aiuta a regolare il passaggio dei succhi gastrici, può subire delle variazioni dovute alla dieta, agli ormoni e ad alcuni farmaci. Per questo l’insorgere del reflusso può dipendere anche dall’alimentazione o da alcune condizioni che portano la pressione gastrica ad alzarsi, come l’obesità e la gravidanza.


Come si accerta il reflusso gastroesofageo


Solitamente per diagnosticare la malattia da reflusso gastroesofageo è sufficiente l’anamnesi. Il medico di famiglia può prescrivere una terapia senza necessità di ulteriori indagini diagnostiche, che invece si rivelano utili quando:

  • i sintomi sono particolarmente gravi o persistenti;

  • la terapia farmacologica è inefficace;

  • si sospetta sia necessario ricorrere alla chirurgia;

  • si manifesta difficoltà a ingoiare o si verifica un calo ponderale immotivato;

  • è presente dolore toracico.


In questi casi, si opta per una visita cardiologica, per escludere una malattia del cuore, e si richiedono alcuni esami specifici, quali:

  • esofago-gastro-duodenoscopia o gastroscopia: consiste nell'osservazione interna delle mucose dell’esofago e dello stomaco attraverso un endoscopio, che viene inserito attraverso bocca e gola;

  • radiografia con bario: il paziente beve una soluzione contenente bario, visibile ai raggi X nel suo percorso nell'apparato digerente, e viene successivamente sottoposto a radiografia. Questo esame permette di valutare la capacità di deglutire e la presenza di eventuali ostruzioni nell'esofago;

  • manometria: un sottile tubo contenente dei sensori di pressione viene inserito attraverso il naso per misurare la pressione all'interno dell’esofago. In questo modo si può valutare l’eventuale rilassamento della valvola sita all’estremità inferiore;

  • Ph-impedenziometria esofagea: verifica il livello di acidità prodotto durante un giorno intero. Utilizza un tubo dotato di sensori, inserito fino all'esofago passando dal naso, e collegato a un dispositivo che registra le misurazioni;

  • analisi del sangue: si prescrivono per escludere anemia dovuta a eventuali emorragie interne. 


La terapia


Il trattamento del reflusso gastroesofageo deve essere formulato in base all’età del paziente e ai sintomi che manifesta, ma in generale l’obiettivo è quello di ridurre i disturbi, la frequenza e la durata degli episodi di reflusso, oltre a rimarginare eventuali lesioni.


Nella maggior parte dei casi è sufficien​te una terapia comportamentale. Spesso, infatti, si dimostrano efficaci alcuni cambiamenti nello stile di vita e nell’alimentazione.

Monitorare il peso è il primo passo, cui si abbina il consumo ridotto di quegli alimenti ritenuti corresponsabili del reflusso: caffè, caffeina, cioccolato, piatti piccanti, agrumi, cibi grassi e menta.

I pasti non devono mai essere abbondanti, soprattutto a tarda sera. Si consiglia di non sdraiarsi subito dopo un pasto e di mantenere la testa sollevata durante il sonno di 10-15 centimetri per impedire la risalita dell’acido. Infine, evitare fumo e alcol permette di attenuare i disturbi.

 

Gli specialisti possono decidere di affiancare alla terapia comportamentale anche la somministrazione di farmaci specifici per inibire la produzione di acido nello stomaco. La loro assunzione a lungo termine deve essere seguita dal medico per deciderne dosaggio, modalità di somministrazione e durata.


L’intervento chirurgico rappresenta l’ultima opzione, riservata solo ai casi più gravi, quelli che non rispondono ai farmaci o presentano problematiche non risolvibili con le altre terapie.

La procedura più usata è la fundoplicatio secondo Nissen, eseguita in laparoscopia e in anestesia generale, che consiste nella riduzione della valvola situata all'estremità inferiore dell’esofago, impedendo così la risalita dell’acido dallo stomaco. Trattandosi di un intervento abbastanza invasivo, richiede una degenza in ospedale di due o tre giorni e una convalescenza di circa sei settimane, durante la quale è preferibile mangiare cibi morbidi o semiliquidi ed evitare lavori pesanti.

Eventuali complicazioni originate dal reflusso gastroesofageo


Se presente da lungo tempo, è possibile che il reflusso gastroesofageo possa originare alcune complicazioni, come:

  • ulcere esofagee: presenti perché la mucosa dello stomaco si danneggia a causa della risalita dell’acido. La cura prevede l’uso di inibitori della pompa protonica, che aiutano a rimarginare il tessuto;

  • stenosi dell’esofago: dovuta a cicatrici di tessuto fibroso che provocano un restringimento dell’esofago. La terapia consiste nell’inserire un palloncino o altro dispositivo medico per ripristinare le dimensioni e il funzionamento dell’esofago;

  • esofago di Barrett e cancro all’esofago: il reflusso può provocare un cambiamento nei tessuti della parte inferiore dell’esofago, che diventano più resistenti all’acidità. In questo processo di mutazione è possibile che le cellule diventino cancerose, è pertanto necessario tenersi costantemente monitorati. Si stima infatti che uno su 10-20 pazienti sviluppi il cancro dell’esofago nell’arco di 10-20 anni. 


Un approccio multidisciplinare presso Dyadea


I centri medici Dyadea offrono diversi specialisti in grado di seguire al meglio il paziente per comprendere la sua storia clinica, analizzare i sintomi e le cause del disturbo e suggerire così il trattamento migliore per il reflusso gastroesofageo. Dal nutrizionista per la terapia comportamentale al cardiologo per le verifiche necessarie a escludere patologie del cuore, fino al gastroenterologo che può valutare tutti i sintomi con competenza.